
La caduta dei capelli è un fenomeno che può influenzare profondamente l’autostima e il benessere di una persona. Perdere più capelli del normale può generare preoccupazione, ma è importante sapere che non tutte le forme di alopecia (perdita di capelli) sono permanenti. I capelli seguono un ciclo naturale di crescita e ricambio, quindi un certo grado di caduta giornaliera è fisiologico. Tuttavia, quando il numero di capelli persi supera significativamente quelli che ricrescono, ci troviamo di fronte a un problema di alopecia patologica. Le cause della caduta dei capelli sono molteplici – spaziano da fattori genetici a squilibri ormonali, da elementi ambientali e di stile di vita a condizioni patologiche o effetti farmacologici. In questo articolo esploreremo in modo approfondito sia le cause temporanee che quelle permanenti della perdita di capelli, spiegando i termini tecnici in modo comprensibile e illustrando come si arriva a una diagnosi precisa. Infine, verranno descritte le principali opzioni di trattamento e rimedi per ciascun tipo di causa – dai trattamenti medici e farmacologici fino all’autotrapianto di capelli. L’obiettivo è fornire ai lettori, in un linguaggio chiaro ma professionale, una guida completa per capire e affrontare il problema della caduta dei capelli.
Cause della caduta dei capelli
Comprendere la causa specifica della perdita di capelli è fondamentale, perché solo individuando l’origine del problema si può intraprendere il percorso giusto per risolverlo. In alcuni casi la caduta è temporanea e i capelli possono ricrescere una volta rimosso il fattore scatenante; in altri casi, purtroppo, la caduta è permanente (ad esempio quando i follicoli vengono distrutti o atrofizzati). Di seguito analizziamo le principali cause, suddivise per categoria, e specifichiamo quali sono generalmente reversibili e quali no.
Fattori genetici (alopecia androgenetica o calvizie comune)
La predisposizione genetica è tra le cause più comuni della caduta progressiva e permanente dei capelli. In particolare, l’alopecia androgenetica – nota anche come calvizie comune maschile o femminile – è la forma più diffusa di perdita di capelli su base ereditaria-ormonale. Questa condizione colpisce una larga parte della popolazione (fino al 67% degli uomini e al 24% delle donne nel corso della vita) e si manifesta tipicamente dopo la pubertà. Il meccanismo principale è legato alla sensibilità dei follicoli piliferi all’ormone diidrotestosterone (DHT), un derivato del testosterone. Nei soggetti geneticamente predisposti, il DHT si lega ai follicoli causando una miniaturizzazione progressiva: i capelli diventano via via più sottili, deboli e corti, fino a scomparire del tutto dal follicolo. Questo processo avviene secondo schemi caratteristici: negli uomini il diradamento interessa soprattutto le tempie e la sommità del capo (stempiatura e “chierica”), mentre nelle donne si presenta come un diffuso assottigliamento nella zona centrale del cuoio capelluto, con allargamento della scriminatura. L’alopecia androgenetica è quindi una caduta permanente se non trattata, perché i follicoli colpiti dal DHT perdono la capacità di produrre nuovi capelli robusti. È importante sottolineare che, pur avendo una base genetica, questa forma di calvizie può spesso essere rallentata o gestita efficacemente con terapie mirate (come vedremo nella sezione trattamenti).
Squilibri ormonali
Gli ormoni giocano un ruolo cruciale nella salute dei capelli, e vari squilibri ormonali possono provocare caduta di capelli, solitamente temporanea. Ecco alcuni esempi comuni di condizioni ormonali che impattano sulla capigliatura:
- Gravidanza e post-partum: durante la gravidanza gli elevati livelli di estrogeni prolungano la fase di crescita dei capelli, ma dopo il parto il drastico calo di estrogeni può innescare un forte effluvio telogenico. Ciò significa che, qualche mese dopo il parto, molte donne notano una caduta diffusa di capelli in conseguenza del fatto che un gran numero di follicoli entra contemporaneamente in fase di riposo e caduta. Questo tipo di perdita di capelli post-partum è temporaneo: i follicoli non sono danneggiati e nel giro di alcuni mesi la chioma tende a recuperare spontaneamente il suo normale ciclo di crescita.
- Menopausa: nelle donne in menopausa la diminuzione degli estrogeni, con un relativo aumento dell’influenza degli androgeni, può portare a un diradamento diffuso dei capelli. Anche qui il quadro assomiglia a quello dell’alopecia androgenetica femminile (poiché intervengono gli ormoni androgeni su base predisposizione genetica), ma spesso un trattamento ormonale sostitutivo o terapie anti-androgeniche possono mitigare il problema.
- Disturbi della tiroide: sia l’ipotiroidismo che l’ipertiroidismo (tiroide troppo poco o troppo attiva) possono alterare il normale ciclo di crescita del capello. I capelli possono diventare più sottili, secchi e tendono a cadere più del normale in caso di problemi tiroidei. Questa caduta di solito è reversibile: una volta diagnosticato il disturbo ormonale e impostata la terapia (es. con farmaci per regolare la funzione tiroidea), i capelli generalmente riprendono vigore nel giro di qualche mese.
In sintesi, gli squilibri ormonali spesso provocano una perdita di capelli transitoria. La chiave è correggere l’alterazione ormonale sottostante (ad esempio curare la patologia tiroidea o, nel caso del post-partum, semplicemente attendere il riequilibrio fisiologico) affinché la chioma torni alla normalità. Nei casi in cui invece l’assetto ormonale favorisce una calvizie di tipo androgenetico (come in menopausa o in sindromi da iper-androgeni), potrebbe essere necessario ricorrere anche a trattamenti specifici anticaduta, analoghi a quelli dell’alopecia androgenetica pura.
Fattori ambientali e stile di vita
Le abitudini quotidiane, il benessere psicofisico e alcuni fattori ambientali possono influire notevolmente sulla salute dei capelli. Molte di queste cause determinano una caduta di capelli temporanea o un indebolimento del fusto capillare, risolvibile migliorando lo stile di vita o eliminando l’abitudine nociva. Analizziamo i principali fattori di questa categoria:
- Stress psicofisico: Lo stress intenso, sia emotivo che fisico, è un noto fattore di caduta temporanea dei capelli. Eventi come lutti, traumi emotivi importanti, stress lavorativo estremo, così come stress fisici (interventi chirurgici, malattie con febbre alta o infezioni gravi), possono indurre l’effluvio telogenico. In questa condizione i follicoli piliferi subiscono uno shock e passano prematuramente alla fase di riposo (telogen), con conseguente caduta diffusa di capelli 2-3 mesi dopo l’evento stressante. La buona notizia è che la caduta di capelli da stress è generalmente reversibile: eliminato o ridotto lo stress, i follicoli riprendono gradualmente la loro attività e nuovi capelli ricrescono al posto di quelli persi. È importante però agire sulle cause dello stress e, se necessario, supportare il recupero con terapie idonee, perché lo stress cronico e protratto nel tempo può prolungare il problema. Va notato inoltre che lo stress può anche aggravare altre forme di alopecia preesistenti (ad esempio può accelerare la caduta nell’alopecia androgenetica o favorire episodi di alopecia areata).
- Dieta scorretta e carenze nutrizionali: Una cattiva alimentazione può riflettersi negativamente sulla chioma. I capelli hanno bisogno di adeguati apporti di proteine, vitamine e minerali per crescere sani. Carenze di ferro, zinco, vitamina D, biotina (vitamina H) e altre vitamine del gruppo B, così come di proteine, possono indebolire i fusti e rallentare la crescita dei capelli. Ad esempio, la carenza di ferro (anemia sideropenica) è una delle cause nutrizionali più comuni di caduta diffusa, soprattutto nelle donne. Fortunatamente, questo tipo di caduta è temporaneo: se si corregge la carenza nutrizionale attraverso una dieta equilibrata o con integratori mirati, la situazione tende a migliorare sensibilmente. In alcuni casi complessi, può essere utile farsi seguire da un medico o nutrizionista per identificare e trattare le eventuali carenze alimentari.
- Trattamenti cosmetici aggressivi: Anche ciò che facciamo direttamente ai nostri capelli può danneggiarli. L’uso frequente e improprio di strumenti termici ad alta temperatura come phon, piastre liscianti o arricciacapelli può indebolire il fusto del capello, rendendolo secco e fragile. Allo stesso modo, trattamenti chimici aggressivi – tinture con ammoniaca, decolorazioni molto forti, permanenti – aggrediscono la cuticola protettiva del capello e possono causare rottura e caduta del fusto. In questi casi più che di una caduta “da radice” si tratta spesso di capelli che si spezzano a metà lunghezza o si sfibrano, ma l’effetto estetico è comunque di una chioma poco folta. Questo tipo di danneggiamento è reversibile: sospendendo o riducendo i trattamenti aggressivi e usando prodotti nutrienti e delicati, i capelli nuovi cresceranno sani.
- Abitudini traumatiche e acconciature scorrette: Tra i fattori esterni rientrano anche i traumatismi cronici sui capelli. Un esempio è l’alopecia da trazione, causata da acconciature che tirano e stressano continuamente i capelli (come code di cavallo molto strette, treccine attaccate, extension eseguite male): con il tempo, la tensione costante può indebolire i follicoli nelle aree sotto stress e causare un diradamento localizzato. Se il comportamento viene cambiato in tempo, i capelli possono ricrescere, ma se l’abitudine prolungata ha causato danni cicatriziali ai follicoli, la perdita in quelle zone può diventare permanente. Un altro caso è la tricotillomania, un disturbo psicologico che porta la persona a tirare o strapparsi compulsivamente i propri capelli. Questa abitudine provoca chiazze di alopecia dove i capelli vengono strappati. Nei casi non gravi, se il gesto viene interrotto i capelli ricrescono; nei casi più severi o protratti, possono formarsi cicatrici che impediscono una piena ricrescita. Anche in questo ambito, la soluzione sta nel modificare le abitudini: evitare le acconciature troppo tirate, usare accorgimenti per non traumatizzare i capelli (ad esempio spazzolarli delicatamente, evitare elastici con parti metalliche) e, se si soffre di tricotillomania, intraprendere un percorso psicologico per gestire il disturbo.
- Fattori ambientali e altri: Inquinamento, esposizione prolungata ai raggi UV senza protezione e agenti inquinanti possono indebolire i capelli nel lungo termine, causando infiammazione del cuoio capelluto o stress ossidativo ai follicoli. Anche se l’impatto dei singoli fattori ambientali è difficile da quantificare, è buona norma proteggere i capelli da sole intenso e smog (ad esempio usando cappelli o prodotti specifici) e mantenere il cuoio capelluto pulito, per prevenire problemi che nel tempo potrebbero contribuire al diradamento.
Cause patologiche (malattie e condizioni mediche)
Diverse patologie, sia del cuoio capelluto che sistemiche, possono avere come sintomo la caduta dei capelli. In questa categoria rientrano condizioni molto eterogenee: alcune causano alopecie non cicatriziali (senza distruzione del follicolo, quindi potenzialmente reversibili), altre provocano alopecie cicatriziali (con distruzione dei follicoli e cicatrici, quindi permanenti), altre ancora determinano effluvi temporanei correlati a uno stato di malattia. Ecco le più importanti:
- Alopecia areata: Si tratta di una patologia autoimmune in cui il sistema immunitario, per errore, attacca i follicoli piliferi come se fossero “estranei”. L’alopecia areata si manifesta di solito con chiazze circolari prive di capelli sul cuoio capelluto (a volte anche su barba, sopracciglia e altre aree pilifere). Può esordire all’improvviso, spesso in risposta a fattori scatenanti come stress psicologico o infezioni, su un terreno di predisposizione genetica. In alcuni casi le chiazze rimangono localizzate e i capelli ricrescono spontaneamente dopo alcuni mesi; in altri casi, invece, la malattia può progredire fino all’alopecia totalis (perdita di tutti i capelli della testa) o all’alopecia universalis (perdita di tutti i peli del corpo). L’andamento è imprevedibile: i follicoli non vengono distrutti, quindi la caduta non è necessariamente permanente – molti pazienti vedono ricrescere i capelli, con o senza terapia – ma le recidive sono frequenti perché la causa immunitaria di fondo può riattivarsi ciclicamente.
- Alopecie cicatriziali: Questo gruppo comprende varie malattie (in genere dermatologiche) accomunate dal fatto che l’infiammazione attacca e distrugge in modo permanente i follicoli, rimpiazzandoli con tessuto cicatriziale fibroso. Sono condizioni rare ma che comportano purtroppo una perdita di capelli irreversibile nelle zone colpite. Esempi di alopecie cicatriziali sono il lichen planopilaris (una variante del lichen planus che colpisce il cuoio capelluto), il lupus eritematoso discoide (forma di lupus cutaneo cronico localizzato, che può lasciare chiazze cicatriziali atrofiche), la follicolite decalvante, la pseudoarea di Brocq e altre rare follicoliti. Queste patologie spesso si manifestano con chiazze di cuoio capelluto arrossate, desquamanti, a volte pustolose o con sintomi come prurito e dolore; col tempo, le aree colpite diventano lucide, senza follicoli visibili, segno che la cicatrice si è formata. È fondamentale diagnosticarle precocemente, perché un trattamento tempestivo può fermarsi prima la distruzione follicolare. Una volta che il danno è fatto, i capelli persi non ricrescono più naturalmente.
- Infezioni del cuoio capelluto: Alcune infezioni possono causare caduta di capelli temporanea nelle zone colpite. Una delle più comuni, soprattutto nei bambini, è la tinea capitis, ossia un’infezione fungina (micosi) del cuoio capelluto. Essa provoca chiazze di alopecia con desquamazione e capelli spezzati; fortunatamente, è curabile con farmaci antifungini e i capelli ricrescono dopo la guarigione. Altre infezioni che possono interessare i follicoli sono le follicoliti batteriche gravi o l’impetigine estesa sul cuoio capelluto – anche queste condizioni, adeguatamente trattate con antibiotici, in genere non lasciano danni permanenti ai capelli.
- Malattie sistemiche e altre cause mediche: Numerose malattie generali dell’organismo possono influire sulla salute dei capelli. Ad esempio, malattie croniche debilitanti, stati febbrili prolungati o interventi chirurgici importanti possono indurre un effluvio telogenico (similmente allo stress fisico, come già descritto). Patologie autoimmuni sistemiche (diverse dal lupus discoide già citato) a volte provocano caduta di capelli diffusa a causa dell’infiammazione generale o dei farmaci utilizzati per trattarle. Anche condizioni dermatologiche non cicatriziali come una grave dermatite seborroica o psoriasi del cuoio capelluto, se causano molta infiammazione e desquamazione, possono portare a un aumentato ricambio dei capelli (che tuttavia ricrescono quando il cuoio capelluto torna in salute). In sostanza, qualsiasi malattia significativa per l’equilibrio dell’organismo può riflettersi sulla capigliatura. Il medico, durante la diagnosi, valuterà anche queste possibilità in base al quadro clinico complessivo del paziente.
Fattori farmacologici (farmaci e terapie mediche)
L’assunzione di certi farmaci o trattamenti medici può avere come effetto collaterale la perdita di capelli. In molti casi si tratta di una caduta temporanea (i capelli ricrescono dopo la sospensione del farmaco), ma può risultare comunque molto stressante per chi la vive. L’alopecia indotta da farmaci si verifica perché alcuni medicinali interferiscono con il normale ciclo di crescita del capello, soprattutto se colpiscono le cellule in rapida divisione come quelle del follicolo pilifero. La causa più nota è sicuramente la chemioterapia: i farmaci chemioterapici, utilizzati per trattare i tumori, agiscono sulle cellule in proliferazione e dunque tendono a colpire anche le cellule dei follicoli in fase di crescita attiva (fase anagen), provocando una caduta massiva di capelli che inizia già durante i cicli di terapia. Questa caduta (detta effluvium anagen) è generalmente reversibile: terminata la chemio, i bulbi piliferi riprendono a funzionare e i capelli ricrescono, anche se possono presentarsi inizialmente con consistenza o colore leggermente diverso. Oltre ai chemioterapici, esiste una lunga lista di farmaci di uso comune che possono dare effluvio telogenico come effetto collaterale, cioè fanno entrare un elevato numero di capelli nella fase di riposo e poi di caduta. Tra i principali medicinali che possono causare perdita di capelli troviamo: anticoagulanti (farmaci “fluidificanti” del sangue come eparina o warfarin), diversi antidepressivi (soprattutto alcuni SSRI), i beta-bloccanti usati per l’ipertensione, alcuni farmaci antitiroidei, la pillola anticoncezionale (in particolare la sospensione della pillola può causare un effluvio temporaneo per assestamento ormonale), farmaci antiepilettici, alti dosaggi di vitamina A e derivati (ad esempio l’isotretinoina usata per l’acne), alcuni FANS (antinfiammatori non steroidei) e altri ancora. Va sottolineato che non tutte le persone che assumono questi farmaci sperimenteranno caduta di capelli – si tratta di possibili effetti collaterali che variano da individuo a individuo. La caduta indotta da farmaci in genere si manifesta qualche settimana o mese dopo l’inizio della terapia e di solito si risolve spontaneamente entro alcuni mesi dalla fine della terapia o dopo l’adattamento dell’organismo. Ad esempio, nel caso di cure chemioterapiche i nuovi capelli iniziano a ricrescere già 2-3 mesi dopo l’ultima infusione. Se si sospetta che un farmaco stia causando un consistente diradamento, è importante parlarne con il medico: mai interrompere autonomamente una terapia essenziale, ma il medico potrà valutare soluzioni, ad esempio modificare il dosaggio, cambiare principio attivo, oppure consigliare rimedi per mitigare il problema (come lozioni anticaduta durante il periodo di assunzione del farmaco). In sintesi, i fattori farmacologici possono scatenare una caduta di capelli, ma nella maggior parte dei casi è un fenomeno transitorio e completamente reversibile una volta eliminato il fattore scatenante.
Diagnosi della causa della caduta dei capelli
Visti i numerosi possibili motivi di caduta dei capelli, la diagnosi accurata della causa specifica è un passaggio fondamentale. È consigliabile rivolgersi a un dermatologo esperto in tricologia (lo specialista dei capelli) non appena si nota un diradamento anomalo, soprattutto se la caduta persiste da qualche mese o interessa aree localizzate. In sede di visita tricologica, il medico raccoglierà innanzitutto un’attenta anamnesi ponendo domande su diversi aspetti: da quanto tempo si nota la caduta, se in famiglia ci sono casi di calvizie o alopecia, se il paziente ha affrontato eventi stressanti di recente, cambi di dieta, gravidanze o parto, se assume farmaci particolari, come cura abitualmente i suoi capelli, etc. Successivamente si passerà all’esame obiettivo del cuoio capelluto: il medico ispezionerà a occhio nudo e con l’ausilio di strumenti la densità dei capelli, l’aspetto della pelle (presenza di arrossamenti, desquamazione, cicatrici, miniaturizzazione dei capelli). Un ruolo importante lo ha la tricoscopia, ovvero l’esame del cuoio capelluto e dei capelli tramite dermatoscopio (uno speciale microscopio a luce polarizzata). La tricoscopia permette di osservare in vivo i fusti e i follicoli ingranditi, evidenziando segni caratteristici: ad esempio capelli sottili e di diametro diverso tra loro suggeriscono alopecia androgenetica, punti neri o “punti gialli” possono indicare alopecia areata, pustole e squame particolari fanno sospettare una follicolite decalvante, e così via. È un esame non invasivo, molto utile per orientare la diagnosi. Un altro test semplice eseguito spesso durante la visita è il pull test: il medico esercita una trazione delicata su un piccolo gruppo di capelli (ad esempio 50-60 capelli) in varie aree del capo, per verificare quanti capelli si sfilano con questa trazione. Se il pull test risulta positivo (esce un numero elevato di capelli ad ogni trazione), significa che è in atto una caduta copiosa e diffusa, tipica ad esempio dell’effluvio telogenico in fase attiva. In alcuni casi selezionati, soprattutto se si sospetta una alopecia cicatriziale o comunque quando la diagnosi resta incerta, si ricorre alla biopsia del cuoio capelluto: si preleva in anestesia locale un piccolo campione di cute con i follicoli, che verrà analizzato al microscopio (esame istologico). La biopsia permette di vedere direttamente lo stato dei bulbi (presenza di infiammazione, distruzione follicolare, depositi anomali, ecc.) e spesso di fare diagnosi definitive nelle alopecie cicatriziali o autoimmuni. In aggiunta a questi esami specifici, il dermatologo può richiedere alcuni esami del sangue per indagare cause sistemiche: ad esempio dosaggio degli ormoni tiroidei, livelli di ferro e ferritina (per escludere anemie), vitamina D, ormoni sessuali (testosterone, DHT, prolattina, ecc. se indicato), oltre ad esami generali per valutare lo stato di salute. In sintesi, la diagnosi della caduta dei capelli si avvale di: esame obiettivo clinico, esame tricoscopico, pull test e, se necessario, biopsia del cuoio capelluto. Solo dopo aver individuato con certezza la causa (o le cause) della caduta, si potrà impostare il trattamento più adeguato.
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