
Rischi della mastoplastica additiva
La mastoplastica additiva, come ogni intervento chirurgico di qualunque genere, comporta rischi. Fortunatamente, l’importanza e l’incidenza di eventi avversi sono tali da rendere l’intervento sicuro e dai risultati generalmente soddisfacenti. In effetti, la mastoplastica additiva è uno dei tre interventi di chirurgia estetica più richiesti in Italia e nel mondo. I rischi della chirurgia estetica – a differenza della chirurgia “funzionale” – comprendono anche la probabilità di non raggiungere un risultato esteticamente soddisfacente per il paziente. Per questo motivo, è essenziale che la paziente verifichi con il chirurgo il grado di aspettativa in merito al risultato prima di sottoporsi all’intervento.
Inoltre, è importante considerare che ogni individuo reagisce in modo diverso all’intervento chirurgico e al processo di guarigione. Fattori come la qualità della pelle, l’elasticità dei tessuti e la capacità di cicatrizzazione possono influenzare i risultati finali. Un dialogo aperto e sincero con il chirurgo aiuta a stabilire obiettivi realistici e a comprendere meglio i potenziali risultati e le limitazioni dell’intervento. La paziente dovrebbe informarsi dettagliatamente sui vari aspetti dell’intervento, comprese le tecniche chirurgiche utilizzate e i materiali impiegati per le protesi.
(mastoplastica additiva rischi > probabilità evento avverso con l’intervento)
Rischio di Ematoma
L’ematoma è un accumulo di sangue all’interno della tasca chirurgica o nello spessore dei tessuti molli del seno, che si verifica generalmente nelle prime ore o nei primi giorni dopo l’intervento. Si manifesta con un rigonfiamento teso e doloroso, spesso accompagnato da un cambiamento della colorazione cutanea verso il violaceo e da un aumento della tensione locale. La comparsa di un ematoma può essere favorita da una coagulazione alterata, da un rialzo pressorio improvviso (ad esempio colpi di tosse violenti) o da un’attività fisica prematura. Piccoli ematomi tendono a riassorbirsi spontaneamente nell’arco di alcune settimane, senza conseguenze estetiche significative. Tuttavia, quando l’ematoma è voluminoso, può comprimere la protesi e aumentare il rischio di infezione o contrattura capsulare. In questi casi, è necessario un intervento chirurgico di revisione per evacuare il sangue accumulato e ripristinare le condizioni ottimali della tasca protesica. La prevenzione si basa su un’accurata emostasi intraoperatoria, sul rispetto del riposo nei primi giorni e sull’uso di medicazioni compressive adeguate. È importante contattare tempestivamente il chirurgo in caso di gonfiore rapido o dolore intenso, per un controllo immediato e un eventuale trattamento precoce.
Parestesia e alterazioni della sensibilità cutanea
Le alterazioni della sensibilità cutanea e del complesso areola-capezzolo sono una complicanza possibile dopo la mastoplastica additiva. Si tratta di un fenomeno legato all’allungamento o alla temporanea interruzione delle piccole terminazioni nervose durante la creazione della tasca protesica e l’inserimento dell’impianto. Più frequentemente si osserva una riduzione della sensibilità, che interessa soprattutto la parte inferiore del seno e l’areola. Questo effetto tende a manifestarsi immediatamente dopo l’intervento e nella maggior parte delle pazienti migliora progressivamente nel corso di alcuni mesi, grazie alla rigenerazione nervosa spontanea. In una quota più ridotta di casi, la perdita sensitiva può persistere in modo parziale e definitivo. Meno frequentemente, alcune donne riferiscono una ipersensibilità transitoria che si risolve spontaneamente. L’entità di questa complicanza dipende da diversi fattori: la sede dell’incisione (sottomammaria, areolare o ascellare), la tecnica chirurgica utilizzata e la risposta individuale del sistema nervoso. Informare la paziente in fase preoperatoria su questa possibilità è essenziale per una scelta consapevole e serena. In caso di alterazioni persistenti, un consulto specialistico permette di valutare eventuali strategie di recupero della sensibilità.
Infezione
L’infezione è una complicanza temuta della mastoplastica additiva, perché può compromettere sia il risultato estetico sia la permanenza della protesi. Si verifica in una percentuale ridotta di pazienti, grazie ai rigorosi protocolli di sterilità e alla profilassi antibiotica perioperatoria. L’infezione può manifestarsi con dolore crescente, arrossamento, gonfiore, febbre e fuoriuscita di liquido torbido dalla ferita. Nei casi più lievi, un trattamento antibiotico mirato può risolvere il problema senza conseguenze a lungo termine. Tuttavia, quando l’infezione è profonda e coinvolge la tasca protesica, può rendersi necessaria la rimozione temporanea dell’impianto per permettere una completa guarigione. La reinserzione della protesi potrà avvenire solo dopo diversi mesi, una volta risolta l’infezione e stabilizzati i tessuti. Alcuni fattori aumentano il rischio infettivo: fumo, diabete, difese immunitarie compromesse o ematomi non trattati. La prevenzione è basata su un ambiente sterile, sulla somministrazione di antibiotici e sul rispetto rigoroso delle indicazioni postoperatorie, come evitare bagni immersivi e controllare quotidianamente la ferita. Qualsiasi segno sospetto deve essere riferito subito al chirurgo per una valutazione tempestiva.
Sieroma dopo la protesi del seno
Il sieroma consiste nell’accumulo di liquido sieroso (cioè una componente del plasma) all’interno della tasca protesica o tra i tessuti, in assenza di infezione. Si presenta con un gonfiore progressivo e una sensazione di fluttuazione nella mammella, che può comparire anche settimane dopo l’intervento. A differenza dell’ematoma, il sieroma non determina variazioni di colore marcate e non provoca dolore acuto. Le cause comprendono una risposta infiammatoria eccessiva, un trauma chirurgico prolungato, la creazione di una tasca molto ampia o l’assenza di compressione adeguata nel postoperatorio. Nella maggior parte dei casi il sieroma si riassorbe spontaneamente in 2-4 settimane, ma se persiste o raggiunge dimensioni importanti può essere necessario effettuare aspirazioni ecoguidate ripetute. Un sieroma cronico non trattato può favorire la contrattura capsulare o la proliferazione batterica. Per questo motivo, il follow-up regolare con controlli clinici e, se necessario, esami ecografici è importante per monitorare l’evoluzione del liquido. La prevenzione si basa su un’attenta gestione intraoperatoria dei tessuti, sull’uso di drenaggi temporanei (quando indicati) e sull’impiego di reggiseni contenitivi che aiutano a mantenere la protesi stabile.
Asimmetria mammaria
L’asimmetria mammaria dopo mastoplastica additiva può derivare da diversi fattori, sia anatomici sia tecnici. Molte donne presentano già una leggera differenza di volume, forma o posizione dei complessi areola-capezzolo prima dell’intervento, che la chirurgia può ridurre ma non sempre eliminare completamente. Inoltre, durante la guarigione possono verificarsi piccole variazioni di assestamento delle protesi, differenze nella contrazione capsulare o lievi spostamenti che accentuano l’asimmetria. In alcuni casi, anche la reazione dei tessuti cicatriziali contribuisce a un esito meno simmetrico. Quando l’asimmetria è lieve, spesso non richiede alcun trattamento e rientra nella variabilità fisiologica. Se invece risulta evidente o causa disagio alla paziente, si possono valutare interventi correttivi, come il riposizionamento di una protesi, la sostituzione con un volume diverso o la revisione delle tasche protesiche. La pianificazione preoperatoria attenta, con misurazioni precise e l’uso di sizer intraoperatori (protesi di prova), riduce il rischio di differenze significative. È essenziale che la paziente riceva informazioni chiare sulle possibilità di ottenere simmetria ottimale e sulle eventuali correzioni future.
La chirurgia estetica del seno asimmetrico può richiedere diversi tipi d’interventi, a volte tra di loro combinati.
Contrattura capsulare
La contrattura capsulare è una delle complicanze più note della mastoplastica additiva. Dopo l’inserimento di una protesi, l’organismo reagisce creando una sottile membrana fibrosa, detta “capsula periprotesica”, che avvolge naturalmente l’impianto. Nella maggior parte dei casi questa capsula rimane morbida e impercettibile, senza causare problemi. Tuttavia, in una percentuale di pazienti variabile tra il 2 e il 10%, la capsula può ispessirsi e contrarsi progressivamente, determinando indurimento del seno, dolore e deformazione visibile. Questo fenomeno è classificato secondo la scala di Baker, che distingue quattro gradi di severità: dal semplice indurimento percepibile solo alla palpazione (grado I-II) fino alla deformità marcata e dolorosa (grado III-IV). Le cause possono essere multifattoriali: predisposizione individuale, contaminazione batterica subclinica, piccoli sanguinamenti intraoperatori. La contrattura si può prevenire parzialmente con protesi testurizzate di ultima generazione, posizionamento sottomuscolare e terapia profilattica antibiotica. In caso di contrattura severa, si può intervenire chirurgicamente per rimuovere la capsula (capsulectomia) e sostituire la protesi. La prevenzione e il monitoraggio regolare sono fondamentali per identificare precocemente i primi segni e intervenire tempestivamente, migliorando il comfort e l’estetica del seno nel lungo termine.
Rischio rottura della protesi del seno
La rottura o usura delle protesi mammarie è un evento raro, ma che può verificarsi dopo diversi anni dall’impianto. Le moderne protesi sono realizzate con involucri multistrato e gel di silicone coesivo ad alta densità, studiati per garantire la massima resistenza meccanica e sicurezza. Tuttavia, nessun dispositivo è eterno: con il tempo il materiale può deteriorarsi per cause fisiologiche o traumatiche. Una rottura traumatica può avvenire in seguito a un urto violento (ad esempio un incidente stradale), mentre una rottura spontanea può manifestarsi dopo 10-15 anni di permanenza. In caso di rottura, il silicone coesivo tende a rimanere confinato nella capsula periprotesica, senza diffondersi nei tessuti circostanti, riducendo così il rischio di complicanze sistemiche. Nella maggior parte dei casi, la paziente non percepisce sintomi evidenti e la diagnosi avviene tramite ecografia o risonanza magnetica di controllo. Quando confermata, è consigliabile procedere con la rimozione e sostituzione della protesi per ripristinare la sicurezza e l’estetica del seno. Eseguire controlli periodici programmati e considerare la sostituzione preventiva dopo 10-15 anni è la strategia più efficace per evitare questa eventualità.
Dislocazione o rotazione della protesi
La dislocazione o la rotazione della protesi mammaria rappresentano complicanze relativamente rare, ma potenzialmente fastidiose per la paziente sia dal punto di vista estetico sia funzionale. La dislocazione consiste nello spostamento dell’impianto dalla sua corretta sede anatomica all’interno della tasca creata dal chirurgo. La rotazione, invece, riguarda prevalentemente le protesi di forma anatomica (a goccia), che possono ruotare determinando un aspetto asimmetrico e innaturale della mammella. I fattori predisponenti comprendono la dimensione eccessiva della tasca chirurgica, l’uso di protesi non testurizzate, i movimenti intensi precoci, eventuali traumi diretti sul torace o una qualità del tessuto mammario particolarmente lasso. Nei casi più lievi, la protesi può spontaneamente riassestarsi o mantenere una posizione comunque accettabile. Tuttavia, se lo spostamento o la rotazione alterano in modo evidente la forma o provocano fastidio, può rendersi necessaria una revisione chirurgica per riposizionare o sostituire la protesi. Per ridurre il rischio di questa complicanza, è fondamentale rispettare il periodo di riposo postoperatorio, evitare sollecitazioni eccessive e indossare regolarmente il reggiseno contenitivo consigliato dal chirurgo.
Risultato insoddisfacente
Un risultato estetico insoddisfacente è una delle cause più frequenti di frustrazione dopo mastoplastica additiva, pur non essendo una complicanza medica in senso stretto. Le aspettative irrealistiche, una comunicazione preoperatoria insufficiente o variazioni imprevedibili della guarigione possono determinare una percezione negativa del risultato. Tra i motivi più comuni di insoddisfazione si annoverano il volume ritenuto eccessivo o insufficiente, l’asimmetria residua, la forma innaturale, la posizione elevata o bassa delle protesi, le cicatrici evidenti o le irregolarità al tatto. È fondamentale che la paziente riceva informazioni dettagliate prima dell’intervento sui limiti tecnici, sulle caratteristiche anatomiche individuali e sui tempi di assestamento (che possono richiedere diversi mesi). Una parte dei difetti può migliorare spontaneamente con il riassorbimento dell’edema e l’assestamento delle protesi. Se dopo 6-12 mesi permane un risultato non soddisfacente, si può valutare un intervento di revisione per correggere volume, forma o posizione. La pianificazione accurata e un dialogo aperto con il chirurgo sono essenziali per ridurre il rischio di aspettative non realistiche.
Rischio cicatrici insoddisfacenti dopo la mastoplastica
Le cicatrici insoddisfacenti comprendono cicatrici ipertrofiche, cheloidee o semplicemente esteticamente poco gradevoli. Nonostante le incisioni siano eseguite con tecniche chirurgiche attente e posizionate in aree strategiche (come il solco sottomammario o il bordo areolare), la qualità della cicatrice dipende in larga parte dalla risposta individuale alla guarigione. Alcuni soggetti hanno una predisposizione genetica a sviluppare tessuto cicatriziale esuberante, mentre fattori esterni come infezione, tensione eccessiva sulla ferita o traumi locali possono peggiorare l’esito. Le cicatrici ipertrofiche appaiono rilevate, arrossate e talvolta dolenti; le cheloidi si estendono oltre i margini dell’incisione e possono causare disagio estetico importante. La prevenzione si basa sull’uso di suture intradermiche accurate, cerotti in silicone e protezione dai raggi solari. In caso di cicatrici spesse o visibili, è possibile intervenire con laser frazionato, infiltrazioni di corticosteroidi o revisione chirurgica. È fondamentale rassicurare la paziente sul fatto che la maggior parte delle cicatrici tende a migliorare gradualmente entro 6-12 mesi, diventando sottili e poco evidenti.
Necrosi nella chirurgia del seno
La necrosi cutanea è una complicanza rara ma potenzialmente seria, che consiste nella perdita di vitalità di una porzione di tessuto, in genere della cute sovrastante l’incisione o dell’areola. È più probabile nei casi in cui l’apporto di sangue ai tessuti viene compromesso, ad esempio per tensione eccessiva sulla sutura, infezione, ematoma importante o in pazienti con fattori di rischio come fumo e diabete. La necrosi si manifesta inizialmente con un’area di pallore o scarsa vitalità, che può evolvere in un’ulcerazione o in una crosta scura. Se trascurata, può esitare in una cicatrice retraente e richiedere interventi di rimozione del tessuto necrotico e successiva ricostruzione. La prevenzione si fonda su una pianificazione accurata dell’incisione, un’adeguata vascolarizzazione della cute e sul divieto assoluto di fumo nelle settimane precedenti e successive all’intervento. Nei casi lievi si può tentare un trattamento conservativo con medicazioni avanzate, mentre nei casi più estesi è necessario un approccio chirurgico. È essenziale monitorare attentamente la ferita nei primi giorni per identificare precocemente segni di sofferenza tissutale.
Difficoltà di allattamento
La possibilità di avere difficoltà di allattamento dopo mastoplastica additiva dipende principalmente dal tipo di accesso chirurgico e dal rispetto delle strutture ghiandolari e dei dotti lattiferi. Quando l’incisione viene eseguita nel solco sottomammario o in sede ascellare, la ghiandola mammaria viene generalmente conservata intatta e le probabilità di compromissione della funzione di allattamento sono basse. In caso di accesso periareolare, invece, può verificarsi un’interruzione di alcuni dotti galattofori e una riduzione della sensibilità areolare, che talvolta influenzano la produzione di latte e la capacità di suzione del neonato. È importante chiarire che molte donne con protesi riescono comunque ad allattare con successo, anche se possono presentarsi difficoltà iniziali. La scelta della via d’accesso e una tecnica chirurgica rispettosa delle strutture anatomiche riducono il rischio di complicanze. Le pazienti che desiderano programmare gravidanze e allattamento dovrebbero discuterne con il chirurgo per valutare l’approccio più idoneo. Un adeguato supporto postparto con consulenti per l’allattamento può aiutare a gestire eventuali problematiche.